newsletter n.123
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Newsletter n. 123 Ma SUCCEDE PROPRIO DI TUTTO. Con una velocità
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si realizza...
Bonus Psicologo 2025: pubblicate le graduatorie
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Il Ministero della Salute ha reso disponibile, sul proprio sito internet
ufficiale, nella sezione dedicata alle comunicazioni, le graduatorie
definitive ...
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Montale, la poesia dentro e fuori
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A Madman’s Tale
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L’ultima recensione dell’anno la voglio dedicare a "Stoner" (1965), dello scrittore americano John Williams.
Williams ha scritto solo quattro romanzi (tra l’altro del suo primo, col senno di poi, non fu mai orgoglioso), con ambientazioni e temi molto diversi tra loro.
"Stoner" deve il suo titolo (proposto a Williams dall’editore) al cognome del protagonista, William Stoner: è il racconto della sua vita, dalla nascita nel 1891 alla morte nel 1956.
Vita assolutamente ordinaria di un uomo, di umilissime origini, che viene iscritto alla facoltà di agraria dal padre contadino con grandi sacrifici economici della famiglia e, scoprendo un improvviso e inaspettato amore per la letteratura che gli si rivela a lezione in una scena descritta come un’epifania, diventa professore universitario.
Ma… c’è un ma, perché nonostante le premesse di quello che sembra il racconto di un considerevole avanzamento sociale, l’esistenza di Stoner è quella di un uomo assolutamente ordinario, anzi, passatemi la licenza del termine pop, un po’ sfigato, nell’accezione sociologica del termine. Il suo matrimonio è un fallimento, il rapporto con la figlia viene rovinato dall’ostile ingerenza della moglie, la sua carriera universitaria (e anche l’unico sincero amore della sua vita) vengono ostacolati dal direttore del dipartimento di Inglese, di cui Stoner ha bocciato un protetto.
Stoner vive nell’ambiente universitario ed è lì che dà tutto se stesso; nel romanzo l’autore fa dire a un personaggio che l’università è un rifugio per i non idonei al mondo, e lo stesso Williams in un’intervista lo definisce un microcosmo come lo erano i monasteri del medioevo in cui possono vivere ed esprimersi e studiare ciò che importa veramente le persone insofferenti ai finti valori che regolano il mondo di fuori.
In realtà questo parallelismo, e Stoner lo scopre presto, non sta in piedi, perché anche l’università è un sistema, e un sistema dove entra la corruzione. Anche lui, volente o nolente, appartiene al mondo.
Eppure… eppure in questo personaggio apparentemente grigio brilla una luce che lo rende a suo modo eroico, e rende la sua vita – e questa è la vera, squisita bellezza del romanzo – interessante e degna di diventare materia di un romanzo. Perché al suo interno si addensano molti significati, pieni dell’amore per la letteratura che conferisce dignità e valore a quest’uomo e al suo lavoro; e leggendo la scrittura semplice e solida di Williams in cui vicende normalmente banali si rivelano piene di suspence ed emozione, si percepisce come questa sia nello stesso tempo la profonda convinzione del suo autore, lui stesso docente universitario oltreché scrittore.
Stoner è un uomo di una coerenza ed onestà intellettuale che forse si potrebbe quasi faticare a comprendere in un mondo come quello di oggi, in cui anche il sapere puro si contamina con altri interessi, ma che proprio per la sua rarità è degna di ammirazione.
È l’incarnazione dell’amore per la letteratura, “per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana e imprevedibile combinazione di lettere e parole di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta”.
E questo amore lo incarna all’ennesima potenza nella descrizione della sua fine. Emozionante e commovente da brividi.
PS. Mi verrebbe da ringraziare @Giulia Ciarapica e il webinar di Writers and Readers in occasione del quale ho sentito parlare del romanzo in termini entusiasti e mi ha ispirato talmente tanto che il giorno dopo sono corsa a comprarmelo!
E mi verrebbe anche da dedicare il libro a tutti i professori, ai bravi professori (non tutti, ovviamente!) che ho avuto e a tutti gli insegnanti che fanno il loro lavoro per passione