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giovedì 14 agosto 2025

ANTONIO GRAMSCI




Antonio Gramsci: vita e ruolo storico

Antonio Gramsci è stato un intellettuale e politico marxista centrale nella storia della sinistra italiana del Novecento. Nato in Sardegna, si trasferì a Torino, dove partecipò attivamente al movimento socialista e contribuì alla fondazione del Partito Comunista d'Italia. Fu protagonista durante il “Biennio Rosso” (1919-1920), fondò il giornale “L'Unità”, venne eletto in Parlamento, ma nel 1926 fu arrestato dal regime fascista. Durante i suoi 11 anni di carcere, scrisse i celebri Quaderni del carcere , testi fondamentali in cui elaborò un'analisi profonda della politica, della cultura e della società. Morì in prigione nel 1937.


Il marxismo secondo Gramsci: rinnovamento e prassi

Gramsci introdusse una rilettura innovativa del marxismo, criticando le interpretazioni “meccanicistiche” che prevedevano una caduta inevitabile del capitalismo e quelle idealistiche del filosofo Benedetto Croce. Per lui il marxismo doveva essere un materialismo “umano e concreto”, fondato sulla prassi — cioè sulle azioni reali degli uomini. non solo in economia, ma anche in politica, cultura e società. La storia è vista da Gramsci come un continuo conflitto sociale e politico, in cui la rivoluzione socialista può rappresentare la soluzione finale.

Un concetto chiave di Gramsci è quello di egemonia culturale : il dominio di una classe sociale non si basa solo sulla forza fisica o repressione (applicata dallo Stato, polizia, esercito: gli “apparati coercitivi”), ma anche su un controllo diffuso di idee, cultura, educazione e media (gli “apparati egemonici”). La lotta per il cambiamento sociale, dunque, è prima di tutto una guerra culturale e intellettuale, una “guerra di posizione” di lunga durata, più complessa e profonda dello scontro frontale (“guerra di movimento”) che caratterizzò la Rivoluzione Russa.

In questo processo il ruolo degli intellettuali organici è fondamentale: essi sono legati alle forze sociali emergenti e devono guidare la battaglia per la conquista dell'egemonia, con il partito comunista che deve diventare un “collettivo intellettuale” per coordinare la trasformazione politica e culturale.


La questione meridionale e la critica al Risorgimento

Gramsci analizzò in modo critico l'unificazione italiana, che per lui fu un'espansione del Piemonte governata dalla borghesia senza realmente coinvolgere le masse contadine meridionali. Questo portò al mancato sviluppo del Sud, aggravato dall'influenza negativa del Vaticano e dalla mancanza di una vera riforma agraria. Criticò il “Partito d'Azione” per non essersi fatto interprete di una rivoluzione “giacobina” e sottolineò la necessità di unire le lotte degli operai del Nord con quelle dei contadini del Sud per sfidare l'egemonia culturale borghese e gli intellettuali conservatori.


Luciano Canfora ei Quaderni del carcere

Lo storico Luciano Canfora ha contribuito a far comprendere la complessità dei Quaderni del carcere , scritti in condizioni di detenzione, sotto stretto controllo fascista. Le opere di Gramsci usano spesso un linguaggio allusivo, richiedendo un'interpretazione attenta ai lettori. Canfora ricorda come la pubblicazione dei Quaderni dopo la liberazione (1945) rappresentò un momento decisivo per la conoscenza del pensiero di Gramsci.


Critica alla democrazia rappresentativa e al voto

In un passo importante del Quaderno 13, Gramsci critica l'idea che nel sistema elettorale “un voto valga uno” e che la maggioranza numerica sia sinonimo di verità o giustizia politica. Per lui, il voto è solo l'ultimo momento di un processo in cui minoranze organizzate e attive modellano l'opinione pubblica e influenzano la società. Le opinioni non nascono in modo libero e spontaneo ma sono elaborate da élite o gruppi di potere.

Questa analisi capovolge la visione tradizionale, evidenziando come il vero problema non sia il voto in sé, ma il peso delle disuguaglianze sociali, economiche e culturali che influenzano l'esito elettorale.


Confronto tra il sistema sovietico e la Costituente italiana

Canfora interpreta il discorso di Gramsci come un confronto tra due modi di concepire la politica: da una parte la democrazia parlamentare occidentale, basata su diritti formali e (teoricamente) uguali per tutti; dall'altra il sistema sovietico, che non si basa su una democrazia formale ma su un diverso tipo di organizzazione che garantisce una partecipazione  sostanziale.

Durante il dibattito per la Costituzione italiana, si discusse se la Repubblica dovesse essere “fondata sul lavoro” (cioè sul valore e sul ruolo del lavoro in generale) oppure “fondata sui lavoratori” (cioè sulle persone che stanno attivamente lavorando). Questa differenza riflette la visione di Gramsci per cui non basta avere diritti sulla carta (essere cittadini legali), ma conta anche la partecipazione concreta alle decisioni politiche.

Riflessioni finali sul potere e la leadership

Canfora sottolinea come Gramsci riconoscesse che ogni Stato è in sostanza una forma di dittatura che richiede una leadership forte. Nel suo articolo “Capo” del 1924, Gramsci analizza criticamente la nomina di Mussolini a capo del governo, ricordando le tensioni e l'inimicizia che Mussolini nutriva nei suoi confronti dall'inizio della sua carriera politica.

In sintesi , Antonio Gramsci ha arricchito il marxismo con un'attenzione nuova alla cultura e alla politica intesa come lotta per il consenso e la leadership morale della società. Il suo pensiero, elaborato nel carcere fascista continua a essere fondamentale per comprendere le dinamiche di potere, cultura e politica non solo in Italia, ma in tutto il mondo.